Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

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Bilancio sulla politica culturale della regione  Febbraio 2010   Torna alle categorie

Cultura

Cultura.

E’ oziosa la domanda se la politica culturale della giunta di centro- sinistra (termine ormai inusabile), assessore Gianni Oliva, sia stata in continuità o in discontinuità con quella delle giunte precedenti (assessore Leo).

Ci limitiamo ad alcuni punti, anche se il campo di attività è enorme e variegato: Biblioteche, archivi, musei e patrimonio culturale, attività culturali (arte, esposizioni, convegni, università popolari, spettacolo, musica, teatro, danza, cinema, politiche giovanili).

Centro del nostro impegno e della nostra presenza, in commissione, nei consigli e all’esterno è stata la richiesta di un forte decentramento della politica culturale regionale. Se è ovvio che alcune istituzioni di grande prestigio debbono essere difese e valorizzate, il centro delle iniziative dovrebbe essere volto alla creazione, sul territorio regionale, di una rete di gruppi, associazioni, in particolare formati da giovani  che tentino di “andare controcorrente”, di organizzare, di formare, di produrre e far circolare teatro, cinema, mostre

Se il programma iniziale dell’Assessorato diceva:

Valorizzare le potenzialità culturali dell’intera regione, in vista di un sistema di “cultura diffusa”che parta dalle singole identità territoriali per correlarle tra loro. Offrire opportunità ai giovani per esprimere la propria creatività artistica, investendo in tutti i settori culturali nell’innovazione e nella sperimentazione di nuovi percorsi espressivi

Questo è stato realizzato solamente in parte, come è avvenuto anche per le politiche giovanili (la Consulta giovanile è lo strumento ideale o rischia di riprodurre i limiti della politica dei grandi?).

In modo non sufficiente, lo abbiamo rimarcato più volte, si sono finanziati circoli giovanili ed iniziative certamente non di immagine, ma capaci di rilanciare presenza diffusa. Così, la costruzione di strutture permanenti, da tempo ipotizzate, non è andata sempre in porto.

Alcune questioni che abbiamo segnalato e su cui abbiamo segnato una posizione autonoma:

Fondazione circuito teatrale del Piemonte. La sostituzione del direttore (2005) è stata motivata da questioni contabili e gestionali, ma è avvenuta in modo verticistico, con forti sofferenze nel personale e lunghe vertenze, dando vita anche a procedimenti penali, poi archiviati.

Fondazione fotografia e Torino film festival. Anche in questi casi, abbiamo criticato l’eccessivo “decisionismo”, il fatto che l’assessorato abbia tentato di rivendicare a sé scopi e finalità di una associazione che si giova del finanziamento pubblico, accusando il direttore del film festival, prof. Rondolino, di aver prestato scarsa attenzione alla visibilità, quasi rovesciando la funzione dell’ente pubblico teso ad accettare le leggi del mercato e dell’immagine.

Premio Grinzane Cavour. E’ innegabile che il “Grinzane Cavour”, sotto la gestione del prof. Soria, abbia organizzato iniziative che hanno dato lustro alla regione intera e non solamente ad un’area di questa, portando una iniziativa, inizialmente locale, a livelli internazionali. E’, però, innegabile che, ancora una volta, con giunte di diverso colore, la gestione sia sfuggita di mano all’ente pubblico, che siano mancati controlli e verifiche e che una programmazione pubblica non sia stata presa in considerazione. Dopo l’esplosione dello scandalo (febbraio 2009, per coincidenza il giorno successivo alla manifestazione contro i tagli governativi alla cultura), è stata formata in Consiglio una Commissione di indagine che ha svolto audizioni, sopralluoghi, sedute e ha prodotto un documento finale. Possiamo discutere sulla funzione delle commissioni (noi siamo stati perplessi sin dal primo giorno), ma le audizioni hanno messo in luce lacune, conti mai verificati, mancanza di chiarezza nella erogazione dei fondi mentre la visita al castello Rorà di Costigliole d’Asti ha evidenziato che non vi è alcuna verifica sulle spese (in quali opere sono finiti i fondi pubblici? Perché la gestione e realizzazione dell’opera è stata affidata ad un privato?

Ancora una volta: basta un codice etico o si debbono trovare rimedi credibili per evitare che singole personalità o cartelli culturali possano nutrirsi di contributi pubblici.

Centocinquantesimo dell’unità d’Italia. Torino, ovviamente, sarà il centro delle celebrazioni nel 2.011. Abbiamo sostenuto che: - occorra valorizzare tutte le realtà al centro delle vicende risorgimentali e non solamente Torino - occorra sviluppare iniziative ampie e non “elitarie”con coinvolgimento delle realtà locali – occorra avere una visione critica sulla storia e sul modo in cui si pervenne all’unità (esclusione delle masse popolari, questione meridionale, questione sociale). Ovvia la critica al ritardo (o alle carenze) di fondi promessi dal governo.

Valutazione simile abbiamo espresso su

Torino capitale europea dei giovani 2010. Abbiamo chiesto che del “comitato organizzatore” facciano parte giovani, che le iniziative non siano rivolte solo a chi studia (la realtà giovanile è molto variegata: studenti, lavoratori, precari, disoccupati).

Non sufficiente valorizzazione dell’associazionismo culturale legato al territorio, con corrispondente eccessivo sostegno ad ambiti culturali poco propensi al rinnovamento, spesso accusati come “salotti buoni”.

E’ indispensabile ricordare che la legislatura regionale (2005- 2010) ha visto tre governi: Berlusconi, Prodi, ancora Berlusconi e che in particolare negli ultimi due anni i tagli sono stati drammatici e spesso motivati non solamente dalla crisi economica.

Tutti dovrebbero ricordare le “esternazioni” di Brunetta contro il “culturame” (termine ripreso dal gergo fascista), contro film presentati a festival internazionali, i suoi inviti a tagliare fondi per enti teatrali, lirici, orchestre, cori Non diversa la politica verso la scuola e la ricerca scientifica che ha nel risparmio la finalità principale (l’altra è procedere nell’omologazione e nella formazione di un senso comune basato non sulla conoscenza critica, ma sull’ignoranza e sui luoghi comuni).

Anche il Piemonte ha vissuto questi problemi, con la  chiusura di più istituzioni culturali e con la riduzione di fondi per iniziative, museiLa cosa ci preoccupa perché avviene in una disattenzione collettiva e rischia di mettere fine a tante di quelle esperienze locali cui abbiamo accennato all’inizio.

Ci pare il governo delle destre sottovaluti anche l’aspetto occupazionale del “sistema cultura” che occupa in regione, a vario titolo, oltre 40.000 persone, oltre al contributo che dà al turismo e alla valorizzazione dei prodotti enogastronomici e manifatturieri.

Concordiamo con progetti ed ipotesi dell’assessorato su cui occorre, però, a fine legislatura operare un bilancio, vedendo che cosa si è realizzato e che cosa è rimasto, del tutto o parzialmente, nelle intenzioni.. Questi temi debbono anche essere inseriti nel nostro programma elettorale, non come elementi secondari o “aggiuntivi”:

  •  creare o incrementare una rete culturale. La regione non può semplicemente erogare fondi, ma deve stimolare ed essere centro di programmazione, coordinando e selezionando i progetti di enti locali e di associazioni.
  •  Incrementare il restauro dei beni culturali, non limitandosi alle residenze sabaude da cui si è iniziato.
  •  Coordinare e qualificare le forme di intervento e di sostegno delle fondazioni bancarie.
  •  Formare giovani organizzatori di cultura.
  •  Tutela e valorizzazione delle lingue e delle parlate minoritarie (evito la discussione, su cui, anche nel gruppo abbiamo posizioni diverse sui termini: lingua/parlata/dialetto piemontese).
  •  Valorizzare fortemente la cultura scientifica, troppo spesso ingiustamente considerata di secondo piano nei confronti di quella umanistico- letteraria.

In ogni caso, proponiamo una visione della cultura non elitaria e per pochi, ma mai  semplicistica e facilona.

Ricordiamo ancora che la presenza sul territorio, fatto ormai strutturale, di una percentuale consistente di immigrati/e pone il problema non di integrazione (termine paternalistico e colonialista), ma di confronto con altre culture, storie, altri vissuti. Anche per questo è grave che la nostra (e altre) proposta di legge sulla migrazione si sia fermata in commissione.

Così pure, ho il rammarico (so di essere fuori tema) che nonostante numerose sollecitazioni, siano rimaste nei cassetti tre proposte di legge sull’handicap, scritte con la collaborazione delle associazioni interessate e quella contro il mobbing, anch’essa frutto di un lavoro comune con gruppi ed associazioni che da tempo lavorano sul tema.

Sono “rincrescimenti di fine legislatura” che, ovviamente condivido con consiglieri/e del gruppo.

Sergio Dalmasso

 

 

Costi della politica, moralità.

E’ noto che eletti ed elette nel nostro partito versano una quota consistente degli stipendi (pudicamente chiamati indennità). E’ un fatto che ci distingue da altre formazioni politiche, che rientra nella moralità doverosa in forze comuniste e popolari, che ci onora.

E’ gravissimo che alla regione Piemonte le liquidazioni agli/alle ex amministratori/trici siano pagati il doppio: non un mese all’anno, come per tutti i lavori (tranne le varie, tragiche, forme di precariato), ma due.

Questo fatto produce una diseguaglianza grave, accresce i privilegi del ceto politico, è causa (certo non l’unica) del forte e crescente distacco governanti/governati, fa aumentare il sordo rancore (di cui si avvantaggia la destra) contro “i politici”, tutti messi sullo stesso piano.

Il nostro gruppo ha presentato una proposta per dimezzare (un mese all’anno) le liquidazioni e per usare il risparmio a favore di dicoccupati%e, cassintegrati/e...

Così pure abbiamo chiesto la cancellazione delle autocertificazioni (pagamento per riunioni non in consiglio, ma locali) per consiglieri e consigliere.

Nella mia proposta di legge elettorale regionale è previsto, per eletti ed elette, il massimo di due legislature (dieci anni).

Forse non è sufficiente, ma l’approvazione di queste tre norme avrebbe significato una controtendenza rispetto all’aumento di privilegi sempre più impopolari.

Facciamolo sapere! Dimostriamo di non essere omologati!

Sergio Dalmasso

 

Carceri, CPT. Un dramma che cresce.

Ho visitato, in questi cinque anni, più volte le carceri piemontesi e il Centro di permanenza temporanea per immigrati/e (con il governo delle destre ha cambiato nome, ma la situazione non è migliorata, anzi).

Negli ultimi dieci anni, nelle carceri, sono morti 1561 detenuti, di cui 561 per suicidio. Nell’ultimo anno, i suicidi hanno toccato la cifra massima: 72.

Il sovraffollamento fa “scoppiare” le carceri. In più casi il numero dei detenuti è doppio rispetto alla capienza regolamentare.

I problemi di salute, gli atti di autolesionismo, gli scontri con gli agenti penitenziari, le tensioni si sono moltiplicati e crescono continuamente.

Gli agenti di polizia penitenziaria sono nettamente sotto organico, con un grave squilibrio a danno del centro-nord. Questo comporta spesso l’obbligo di turni superiori a quelli contrattuali, difficoltà per le ferie ed anche la progressiva riduzione delle attività che si svolgono in carcere.

Su queste abbiamo insistito in tutte le visite: corsi scolastici, a partire dall’alfabetizzazione sino ai livelli superiori, formazione professionale, iniziative che servano a togliere i detenuti dall’apatia, dalla depressione, dalla vita in celle che non rispettano le norme più elementari e le leggi vigenti.

Il ruolo dei gruppi di volontariato è fondamentale, anche se la mancanza di mezzi lo rende sempre più complesso.

La presenza di immigrati è massiccia e crescente: ricordiamo però, che i tassi di delinquenza tra gli immigrati regolarizzati sono pari a quelli degli italiani. Questo richiederebbe interventi specifici, corsi scolastici, mediazione culturale, rispetto delle differenze culturali, storiche, linguistiche, religiose.

Molto positive, a livello regionale, l’istituzione del Garante per i detenuti (positivo il ruolo del nostro gruppo) e la riforma della sanità carceraria (attuata dalla nostra assessora). Resta il problema delle visite specialistiche, delle traduzioni in ospedale (spesso manca il personale), spesso di una minima assistenza neurologica (depressioni e malattie dermatologiche sono al primo posto nel “problema sanitario carcerario”, insieme alla sieropositività).

  •  Grave è la deriva securitaria a livello complessivo, che fa leva sul timore per immigrati, malati psichiatrici,tossicodipendenti. La crescente carcerizzazione della società e la “voglia di carcere” di tanti politici corrisponde al deterioramento progressivo della nostra società
  •  Le misure alternative al carcere sono scese progressivamente (arrivano oggi ad un terzo rispetto a tre anni fa)
  •  Il tasso di recidiva di chi termina la pena è del 68%. In chi ha praticato misure alternative si riduce al 30%. Non è questo sufficiente per incrementare le misure alternative rispetto al tutto carcere? Gravi sono gli impedimenti della ex Cirielli (salva Previti) sulla recidiva, eccessive le prudenze della magistratura di sorveglianza, pesanti i limiti della legge Fini- Giovanardi (un terzo dei detenuti è tossicodipendente)
  •  Proponiamo di introdurre nel codice penale il reato di tortura (dichiarazione dell’ONU, 1984)
  •  Chiediamo l’istituzione del Difensore civico a livello nazionale e una migliore distribuzione della polizia penitenziaria, spesso impegnata in altri incarichi
  •  Fondamentale la riqualificazione di educatori ed assistenti sociali, che dovrebbero essere più a contatto con i detenuti.

 

Chiunque sia in consiglio nei prossimi anni, non dimentichi questa tematica, quella di un carcere “metafora della società”. Non porta voti ed allori, ma deve essere uno dei centri del nostro impegno.

Sergio Dalmasso